Chi si somiglia si piglia

Scritto da Erika Lupo Erika Lupo nella categoria Cani
Chi si somiglia si piglia

Vi sarà certamente capitato di notare la palese somiglianza fisica tra una persona ed il proprio animale domestico: spesso si tratta dei tratti del viso della persona che hanno una straordinaria similarità con i tratti del muso dell’animale, altre volte è il colore del manto dell’animale che ha la stessa tonalità ed una foggia molto simile a quella dei capelli della persona, altre volte ancora è la stazza fisica ad essere l’indicatore più evidente. E’ più facile notare questo fenomeno fra un cane ed il proprio padrone, ma, seppur con minore evidenza, ciò accade con tutti gli animali domestici, siano essi gatti, cavalli, conigli…forse un po’ meno con i criceti, le cavie, i furetti ed i topolini, anche se, più l’animale è di piccole dimensioni e più la somiglianza è grossolana, più l’animale è di grandi dimensioni, più la somiglianza è fine, precisa, a volte è un unico particolare caratterizzante a mostrarsi, come può essere un naso aquilino o una mandibola prognatica, ma è comunque un qualcosa di inconfondibile e che caratterizza le fattezze fisiche di quella specifica persona e del suo animale.

Il caso classico è la persona dalle fattezze sottili, dalla corporatura magra e longilinea che si accompagna ad un levriero, oppure la persona in sovrappeso, magari con il doppio mento, dalla corporatura bassa e tarchiata che va a spasso con un bulldog. Altre volte la razza del cane non è evidente, si tratta di cani meticci dove non vi sono delle fattezze “standardizzate” e definite poiché è stata la magia stessa delle infinite combinazioni della vita che hanno portato alla nascita di un cane con quelle ben specifiche fattezze fisiche che però, “casualmente”, sono IDENTICHE a quelle del proprio umano di riferimento!

All’occhio di una persona comune, che per ovvie ragioni si sofferma solo sugli aspetti più superficiali della questione, tali somiglianze il più delle volte appaiono curiose, sorprendenti, divertenti…

All’occhio invece di un esperto, ossia di chi quotidianamente ha a che fare con gli animali e con i relativi compagni umani e che per ragioni terapeutiche deve addentrarsi negli aspetti più profondi della relazione animale-uomo, quelle stesse somiglianze sono tutt’altro che sorprendenti e anzi, spesso sono proprio queste similitudini a fornire la gran parte delle informazioni utili ad aiutare la persona e l’animale a relazionarsi nel modo più gratificante e soddisfacente per entrambi.

Laddove invece vi è una apparente minore somiglianza di tratti somatici, spesso vi è una somiglianza più “sottile”, seppure l’una non escluda l’altra. Ossia, se vi è una somiglianza afferrabile più all’aspetto fisico, nulla esclude che vi sia contemporaneamente un’analoga conformità anche di temperamento, di carattere e viceversa. Però, ciò che differenzia i due aspetti, quello fisico e quello più “sottile”, è proprio il fatto che il secondo, proprio perché non visibile agli occhi, spesso assume connotazioni più marcate che si palesano immediatamente all’occhio esperto ed avvezzo del terapeuta abituato ad indagare i fenomeni inter-relazionali tra le persone ed i loro animali domestici e che spesso sono alla base di quei fenomeni etichettati come “disturbi comportamentali” dell’animale.

Il caso “classico” è quello del cane mordace. Un cane non è tale per “dovere di nascita”, ma lo può diventare se vive in ambienti composti da umani dediti alla violenza, sia essa fisica, verbale o addirittura, se non più ancora, laddove la violenza viene repressa e non espressa né sul piano fisico, né su quello verbale, ma l’animale è perfettamente in grado di percepirla e…o prima o poi…la esprime e il pretesto spesso è futile o, peggio ancora, come spesso riportano le cronache dei giornali, il morso viene inferto ad individui deboli ed indifesi, ossia gli unici componenti del “branco” che non hanno in sé alcun tratto violento. Sul perché accada questo, non intendo addentrarmi poiché non trovo sia utile alimentare il pensiero non finalizzato e privo di fondamento pratico.

Infatti, nel mio modo di operare, è di fondamentale importanza - per poter trovare una soluzione efficace al problema - lo stare nel momento presente con la realtà per ciò che è, al servizio della verità, perciò solamente il caso reale, preciso e specifico può giustificare la ricerca di un perché, anche se questo “perché” andrebbe ricercato prima che avvenga la tragedia, poiché l’animale mordace non è mai “a sintomatico”, dà sempre segni premonitori e ben prima che accada appunto il fatto tragico ed irreparabile!

Ma senza arrivare ai casi estremi, come può essere quello del cane mordace, è molto più frequente avere a che fare con “cani ingestibili”, “gatti che rovinano i tappeti ed i divani”, “animali che pur sapendo benissimo che i bisognino si fanno fuori, improvvisamente li fanno in giro per casa, apparentemente senza alcun motivo”, “disturbi fisici apparentemente sine causa o anche con causa nota, ma “casualmente” identici ai disturbi fisici della persona”, ecc….a dire il vero questi sono i casi più semplici, ma non intendo annoiarvi con i dettagli dei casi più articolati e complessi!

Cerchiamo però di andare a monte del tutto, alla ricerca dell’unica vera causa che a mio modesto parere è sempre presente alla base dei problemi che si riscontrano nella relazione tra umani ed animali e che portano poi le persone a rivolgersi a me in cerca di un aiuto e di una soluzione al problema manifestato dall’animale.

Il cane, il gatto e tutti gli animali domestici che condividono la loro vita con degli esseri umani (non necessariamente fra le mura domestiche, poiché i medesimi fenomeni si osservano per esempio anche con i cavalli che, per ovvie ragioni di stazza fisica, non possiamo far entrare dalla porta di casa o far salire sul divano come l’elefantino “Fuffy” del noto spot televisivo), vivendo immersi 24 ore su 24 in un ambiente pregno di tutto ciò che compone l’ambito quotidiano della vita delle persone, non possono far altro che “sintonizzarsi” su quella medesima “frequenza”.

Ciò avviene in primis per una mera finalità di sopravvivenza biologica: non dobbiamo infatti dimenticare che la gran parte delle specie animali che sono state addomesticate dall’uomo, sono tendenzialmente ed istintivamente animali gregari, aventi quindi una sorta di “abitudine” innata alla socialità tra individui della medesima specie. Ciò ha fatto sì, ad esempio, che nel corso dei millenni di processo di addomesticamento, si arrivasse ad avere una situazione tale per cui tutti i cani presenti al giorno d’oggi nelle nostre case, riconoscano istintivamente nel proprio nucleo famigliare (composto da esseri umani e solo di rado da altri animali ) il proprio “branco” d’appartenenza.

Vi sono però anche altre ragioni per cui l’animale non può esimersi dal sintonizzarsi con le “vibrazioni” che avverte all’interno del proprio “branco umano” e che vanno al di là della mera sopravvivenza biologica. Personalmente definisco tali necessità come “esigenze evolutive” dell’anima…ma di questo ne parleremo la prossima volta!

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